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Sardegna, amore-odio verso i Cavalli.

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Bactlyn,_silohuette

 

In questi ultimi giorni ci sono stati alcuni gravissimi casi di sevizie e abbandoni di Cavalli nel nord della Sardegna, alcuni conclusi con la morte dopo sofferenze prolungate e atroci.

Qualche giorno fa era stata la volta di quattro Cavalli trucidati per vendetta nelle campagne di Bolotana (NU).

Che succede?   Come mai accadono fatti che trasudano sangue e crudeltà gratuita verso uno dei simboli isolani più autentici?

Sì, certo, in parte è l’effetto della pesantissima crisi economica che porta ad abbandonare chi fino a poco prima era un vanto e oggi diviene un peso insostenibile.   E’ successo anche in Irlanda, altra Isola dei cavalli.

In parte è però anche frutto di quel filo venefico che attraversa la mentalità di tanti, troppi sardi: i Cavalli, come gli altri animali, compresi cani e gatti, si sfruttano, si macellano, si scannano per vendetta, quando non per banale crudeltà.

E che dire dell’ignavia delle stesse istituzioni pubbliche – in primis la Regione autonoma della Sardegna – verso i propri Cavallini della Giara?

Rimane solo da battersi fino in fondo perché queste atrocità finiscano una volta per tutte e i responsabili siano duramente puniti.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

 

 

Cavallo e Gallina prataiola

Cavallo e Gallina prataiola

 

da La Nuova Sardegna, 30 maggio 2013

Un altro cavallo ucciso, due salvi dopo le sevizieÈ allarme nel Sassarese: una fattrice è stata ritrovata sfigurata. Vicino a Osilo scoperto un tentativo di castrazione con fascette elettriche.  Gianni Bazzoni

SASSARI Nessun rispetto, neanche da morto. Per localizzare e strappare il microchip hanno tagliato via con un coltello un pezzo di carne, nella zona del collo. Poi hanno proseguito asportando la cute dalle regioni orbitali e frontale, fino alla nuca. Hanno agito come selvaggi, solo per cancellare ogni segno di riconoscimento. A 24 ore dalla scomparsa di «Atomic Trail», morto a seguito di denutrizione e maltrattamenti, un altro cavallo è stato trovato privo di vita – in circostanze misteriose – in un terreno nella strada provinciale La Crucca Baiona (in territorio comunale di Sassari), in località Santa Caterina. Una brutta storia che fa emergere in tutta la sua gravità il fenomeno dei maltrattamenti e dell’abbandono dei cavalli. E nei giorni scorsi, altri due esemplari sono stati salvati solo grazie al tempestivo intervento dei veterinari e affidati in custodia giudiziaria. In un caso, al confine tra Sassari e Osilo, sono intervenuti i carabinieri del Nas insieme al veterinario del servizio Igiene degli allevamenti dell’Asl, Andrea Sarria. «È vero – racconta il dottor Sarria, che è anche presidente dell’Ordine dei veterinari – abbiamo rilevato che l’animale era sofferente a seguito di un maldestro tentativo di castrazione con l’uso di fascette elettriche. Una barbarie. Il cavallo è stato sequestrato e l’allevatore denunciato». Cosa sta succedendo? «Un po’ è l’effetto della crisi – racconta Alessandra Diaz, veterinario sassarese – non ci sono soldi, e chi ha un cavallo e non riesce più a tenerlo lo abbandona a se stesso. Il fenomeno non è nuovo, oggi si vede in tutta la sua dimensione perché la gente ha il coraggio di denunciare le situazioni, specie dopo l’entrata in vigore della nuova legge 189 del 2004, quella dei Delitti contro il sentimento degli animali». Sul cavallo trovato morto ieri mattina, per ora, resta il mistero. La scoperta poco prima delle 9.30 da parte di una pattuglia della compagnia barracellare che ha dato l’allarme e ha chiesto l’intervento del veterinario del servizio di Sanità animale dell’Asl di Sassari. Alberto Benech, professionista esperto, non ha potuto accertare le cause della morte del cavallo, ma ha fornito una serie di indicazioni utili per le indagini: si tratta di una cavalla di circa cinque anni, in buono stato di nutrizione. Mantello sauro, l’animale era munito di capezza (serve per legare e condurre a mano il cavallo) e la morte potrebbe risalire alle 72 ore precedenti. Insieme al veterinario e ai barracelli anche le Guardie eco-zoofile. «Il cavallo era in buono stato di nutrizione – ha commentato Andrea Sarria, che si occupa della sezione Benessere animale – quindi non credo all’ipotesi che sia stato il proprietario a fare una cosa del genere. Più probabile una vendetta, uno sgarro, nel mondo delle campagne. Queste cose succedono ancora». Gli ultimi gravi episodi hanno riaperto il dibattito sui maltrattamenti degli animali. Chicco Gervasi, dentista sassarese, ha una grande passione per i cavalli, gestisce un allevamento – insieme alla moglie Rossella Ghio – nella zona di Ottava. La sua analisi è chiara: «Il mercato è crollato drasticamente – racconta – il cavallo non è un animale da reddito, quindi non può essere venduto se non hai più disponibilità finanziarie. Perché è un momento che non lo vogliono neppure in regalo. Se di tratta di un animale che ha svolto attività agonistica, non può essere macellato. E in caso di decesso deve essere smaltito secondo precise disposizioni, a meno che non ci si rivolga al mercato clandestino». E questo è il vero problema. «L’Unire si ritrova libretti di cavalli dei quali non si sa più che fine abbiano fatto – dice Andrea Sarria –, sono scomparsi dalle competizioni. Fantasmi. Spesso sono gli stessi proprietari, dopo un po’ a denunciare la sparizione. Dove sono? Un’ipotesi è quella della macellazione clandestina, e in questo senso si spiegherebbe anche lo scandalo della comparsa di carni equine in prodotti che avrebbero dovuto essere confezionati con carni bovine». In giro c’è anche molta approssimazione. Chi aveva acquistato il cavallo come status symbol, oggi lo abbandona. E non è solo per un problema di soldi, manca la cultura per rispettare un animale così sensibile. «Quella dei soldi a volte è una scusa – dice Chicco Gervasi – ; un cavallo libero al pascolo può costare mediamente sui 130 euro al mese. Se è ricoverato in scuderia la spesa sale almeno di 100 euro. Ma è un animale che ha bisogno di attenzioni, tende a lasciarsi andare facilmente. Si deprime e si rallegra per un niente quando sta bene, figuriamoci se viene maltrattato».

 

 

Giara, Cavallini della Giara (Equus caballus jara)

Giara, Cavallini della Giara (Equus caballus jara)

 

L’INTERVENTO. Finito il rispetto per un simbolo di nobiltà e fierezza.   Todos Caballeros. Un rapporto millenario tra i sardi e i cavalli modificato a causa della crisi economica. Giulio Angioni (antropologo)

Ben prima del leggendario decreto di Carlo Quinto ad Alghero, che si dice facesse degli algheresi e magari di tutti i sardi dei cavalieri, todos caballeros, i sardi hanno fama di maestria coi cavalli. Tanto che dal cavalcare e dal modo di trattare la cavalcatura sogliono, si dice, perfino giudicare l’uomo nella sua interezza: s’homine de paga impita, abbaidadilu a caddu (l’uomo di poco valore, guardalo a cavallo) dice un proverbio nella versione che ne dà Giovanni Spano nei suoi Proverbi sardi del 1871. Per millenni anche nella nostra isola il cavallo come mezzo e simbolo principale di velocità e di forza motrice, non è scaduto negli usi e nella considerazione negli ultimi decenni, dopo la fine dell’agricoltura e della locomozione tradizionale che si basava sulla forza animale. Anzi, il cavallo anche da noi è cresciuto nelle sue vecchie funzioni più nobili del tempo libero e delle attività estetiche. Non più all’aratro e al carro, è cresciuto negli sport del maneggio e delle corse e ha assunto o accresciuto le nuove funzioni che si dicono della pet therapy, in misura non inferiore agli altri animali addomesticati e conviventi con l’uomo in forme vecchie e nuove, in uno scambio di modi di essere e di saper vivere tra uomo e animale che dura da almeno una decina di millenni ormai in tutto il mondo. Ivi compresa la funzione di essere anche un bene rifugio, un’occasione di investimento. Persino, anche in Sardegna, una moda e uno status symbol. E anche recuperando certi usi festivi del cavallo, come nelle cavalcate e nelle gare ippiche tradizionali di molti luoghi della Sardegna, dalla sfilada de Sant’Efis a Cagliari alla Cavalcata di Sassari, dall’Ardia di Sedilo alla Sartiglia di Oristano. Davvero i sardi più che cavallari sono stati e sono ancora cavalieri, prima e dopo Carlo Quinto? E sono ancora tra i massimi esperti ed estimatori del solo animale che come l’uomo non ha zampe ma gambe ed è capace delle abilità e persino dei sentimenti umani più nobili? Qualcosa ultimamente ne fa dubitare. A cominciare dall’abbandono in cui pare si trovino i cavallini semibradi della Giara. E ancora di più a giudicare dai diversi casi, nell’isola come in continente, di cavalli lasciati morire di stenti, probabilmente da padroni che non possono più permetterseli, impoveriti di borsa ma anche di umanità, in un mondo in cui quella che diciamo crisi non sembra risparmiare più nulla di materiale e di spirituale. Nel vecchio e duro mondo preindustriale, contadino e pastorale, non pare sia mai successo che disgrazie e carestie abbiano fatto venir meno così tanto, a dispetto dell’animalismo contemporaneo, anche la plurimillenaria simpatia, stima e ammirazione per questo animale simbolo di nobiltà di fare e di sentire. La disumanità di presunte regole economiche ha anche in questo una misura della sua miseria.

 

Cavallino della Giara (Equus caballus jara) all'abbeverata

Cavallino della Giara (Equus caballus jara) all’abbeverata

 

E chi non può mantenerlo lo lascia morire di fame. Indignazione dopo il caso del cavallo abbandonato dal proprietario. Allevatori e veterinari: «È una barbarie, se non avete soldi chiedete aiuto». Pinuccio Saba 

SASSARI. Raccapricciante, una barbarie. Sono le espressioni più ricorrenti (almeno quelle che si possono riportare) delle persone che quotidianamente hanno a che fare con il mondo dei cavalli. Un mondo che conoscono bene, anche se di episodi come quello accaduto alla periferia di Sassari, dove un cavallo è stato fatto morire di fame, ne conoscono ben pochi. E anche per questo, a fatica, riescono a dare una spiegazione a quanto accaduto. «Molti acquistano o accettano in regalo un cavallo senza sapere quali siano le esigenze di questi animali – prova a spiegare il presidente della Società Ippica Sassarese Peppino Pala –. Il cavallo ha bisogno di assistenza quotidiana, bisogna curare con attenzione l’alimentazione che va dosata per evitare le coliche (la prima causa di morte per un cavallo), ed è necessaria la presenza costante del medico veterinario». «In tanti credono che un cavallo sia come un qualsiasi altro animale oppure un peluche – gli fa eco proprio un veterinario, Mauro Ardu – e invece occorrono cure particolari. Un impegno che va ben oltre il semplice allevamento anche allo stato semibrado. Ma questo sono in pochi a saperlo». «Un cavallo ha bisogno di spazi – aggiunge Peppino Pala –, non puoi chiuderlo in una gabbia come fai con le galline o i conigli. Quello che è accaduto alla periferia di Sassari, poi, è inconcepibile per chi vive a contatto con i cavalli. Una barbarie difficile da capire». «Crisi? Povertà? Può essere – sostiene Mauro Ardu – ma ripeto, si tratta di persone che credono (o hanno creduto) che allevare un cavallo sia come tenere un cane in casa. Credo invece che, molto più semplicemente, il proprietario di quel cavallo si sia voluto disfare di un animale impegnativo, forse malato. E per farlo ha scelto la forma più crudele visto che quell’animale, per morire di fame, deve aver trascorso un lungo periodo di denutrizione». L’esborso economico per allevare un cavallo è decisamente impegnativo, ma quello che sorprende i neofiti è l’impegno personale. Che significa una presenza costante, una cura attenta alle esigenze e alle necessità del cavallo. «Quello che l’ha fatto morire di fame non è un allevatore – sottolinea con forza Peppino Pala –. È un ambiente che conosco benissimo e nessuno di noi si azzarderebbe a fare una cosa del genere. Il problema è che non esistono soluzioni per chi non riesce più a mantenere un cavallo. Le strutture private non possono fare nulla, la crisi denunciata dal settore è devastante mentre il settore pubblico fa poco o niente. La Regione, per esempio, è proprietaria delle tenute di Surigheddu e Mamuntanas. Abbiamo suggerito di mettere a disposizione dei giovani, magari riuniti in associazioni o cooperative, quegli spazi che si prestano benissimo all’allevamento dei cavalli. Non abbiamo avuto alcuna risposta». Lo storico “legame” con il cavallo sembra esser stato messo in discussione dagli ultimi avvenimenti, anche se gli allevatori ricorrono sempre più spesso al veterinario e curano con attenzione maniacale i propri animali. Restano ancora alcuni retaggi culturali arcaici, ma sono sempre più rari. Ma proprio quel legame soprattutto psicologico potrebbe portare a una soluzione per chi non riesce più a mantenere un cavallo. «La Rete può essere di grande aiuto – spiega Peppino Pala –: si può pubblicare la foto dell’animale su un sito specializzato o sui social spiegando le ragioni che spingono a cederlo, e chiedere che il nuovo proprietario si impegni formalmente (con uno scritto) al mantenimento del cavallo con tutti i crismi. È poco, lo so. Ma al momento è l’unica strada percorribile».

 

il cavallo al galoppo

 

 

(disegno S.D., foto Il Menhir, S.D., archivio GrIG)


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